LETTERA AGLI AMMALATI
E ALLE FAMIGLIE
È da molto tempo che volevo sfogare la mia delusione sulla
sproporzione che c’è fra il numero dei diabetici accertati nella Provincia di
Rovigo (20.000-21.000) e gli iscritti all’Associazione Diabetici di Rovigo (un
centinaio per la maggior parte di Rovigo città).
Anche la Coordinatrice delle Associazioni del Veneto si è
stupita affermando: “ma dove sono?”,
in un intervento a Rovigo durante la manifestazione di “DOLCE-MENTE”, tema lo
Sport – Attività Fisica e Diabete.
Non credo che la situazione sia molto diversa nelle altre
provincie venete. Secondo un Report nazionale dell’Osservatorio ARNO, nel 2014
i soggetti con diabete noto erano 275 mila (+ 70% rispetto al 1997). Il 60% aveva più di
65 anni, ma 100 mila erano ancora nel pieno dell’attività lavorativa.
In pochi si iscrivono all’Associazione; forse perché ogni malattia e il diabete sono vissute come problema da gestire con il medico. Le persone hanno
scarsa conoscenza delle finalità delle Associazioni degli Ammalati, se ne parla
poco in politica, nei giornali, in TV, ed anche perché il sistema sanitario attuale ha
trasformato le strutture pubbliche in “aziende”, che non valorizzano sufficientemente
il volontariato, più attente alle voci
di bilancio e poco aperte al rapporto
umano e dialogo con i rappresentanti degli ammalati. Negli Ospedali gli ammalati sono “numeri” e statistiche. L’Associazione
di Rovigo ha la Sede presso il Centro Antidiabetico dell’Ospedale, ma il Direttore
Generale non ha mai incontrato il Presidente dell’Associazione, e la sua “segreteria” invia le comunicazioni presso
un indirizzo inesistente di una vecchia
Associazione diabetici cessata da anni. Diverso e più proficuo il rapporto con
il personale medico ed infermieristico del Centro, grazie al quale c’è concordanza
di intenti e azione.
Quasi tutti i giorni nel
corridoio del Centro ci sono decine di persone in attesa di visita. La porta
della sede è aperta, ma raramente
qualcuno si affaccia per chiedere informazioni. Entrare nella stanza
dell’Associazione è forse l’ultimo dei pensieri. Pensano alla malattia e ai
tanti dubbi sul loro futuro. Attendono pazientemente la chiamata del numero. Lo specialista, che vede per la prima volta
il paziente, deve leggere le analisi e altri referti per fare la diagnosi, deve
individuare la medicina più adatta per la cura e deve informarsi sulle abitudini
e stile di vita per dare i consigli personalizzati per dieta e attività fisica.
Poi fisserà una data per la prossima visita, che dipenderà dalla gravità della
situazione, perché le persone non hanno
solo il diabete, ma anche complicazioni
del diabete trascurato. Una buona visita richiede tempi adeguati.
Il Centro di Rovigo vanta una equipe di grande
professionalità, ma deve far fronte ad
una marea di visite, per cui il tempo riservato a ciascun diabetico allunga la
coda delle attese. La fiducia negli specialisti del centro è ben riposta, ma loro non si possono moltiplicare. Ecco
uno dei tanti problemi del sistema sanitario. Risolverlo è la priorità
delle Associazioni nazionali degli ammalati Fand (Federazione Italiana
Diabetici) Aid (Associazione italiana
diabetici), Fdg (Federazione nazionale
diabete giovanile), Associazione per la Ricerca sul Diabete Italia (ArdItalia
Onlus), organizzazioni che da molto tempo operano sul fronte “volontariato e
diabete” a sostegno delle persone che vivono quotidianamente questa condizione
e dei loro familiari. È un assillo delle Associazioni degli specialisti
diabetologici organizzati nella S.I.D. (Società Italiana di Diabetologia) e
nella A.M.D. (Associazione Medici Diabetologici). La soluzione è quella del
riconoscimento dell’importanza del ruolo del Medico di medicina generale,
autorizzandolo a prescrivere anche i farmaci di nuova generazione più efficaci
e non pericolosi rispetto quelli vecchi ed obsoleti. Il medico di famiglia conosce
personalmente ogni suo paziente che vede tutti più volte in un anno.
Gli ammalati otterrebbero un grande beneficio anche in termini di attese e lunghi percorsi per
raggiungere i centri antidiabetici. Da tempo lo chiedono anche le
Organizzazioni dei medici di famiglia. Sembrava vicina la soluzione, ma continua
tutto ad essere in alto mare in nome del
falso presupposto di presunti risparmi e della scusa della inadeguatezza
specialistica dei medici di famiglia. È recente, di agosto di quest’anno, un appello della Associazione dei medici di
medicina generale FIMMG al nuovo ministro della sanità.
Questo è quanto si
legge alla fine dell’articolo nel quale c’è la notizia:
“Nell’incontro di oggi
ci siamo appellati al Ministro della Salute Giulia Grillo perché solleciti un
provvedimento urgente dei responsabili delle attività regolatorie,
provvedimento su cui Fimmg si sta battendo da più di un anno, in assenza del
quale, per i pazienti diabetici in questo paese universalità e equità delle
cure rimarranno parole vuote. Su questi dati, infine, lasciamo ora la parola ai
cittadini e alle loro associazioni”. (http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=64610)
Il numero continuamente in crescita delle persone con
diabete fa considerare questa malattia una vera e propria “epidemia”. È una malattia “sociale” che si deve combattere
con le medicine e la prevenzione, che si ottiene con la modifica dello stile di vita di tutti. Lo strumento si chiama “informazione – educazione”, e
riguarda la “conoscenza” della malattia per prevenirla e gestirla, lasciando ai medici il ruolo di
scegliere le medicine. Giusto difendere la
“privacy” come sinonimo di vita privata, ma attenti al diritto dovere di
tutelare la salute di tutta la famiglia.
L’attuale organizzazione del Sistema Sanitario non è
in grado di assicurare tutti i pilastri
che servono per bloccare e prevenire la malattia. Serve la consapevolezza delle
persone e delle famiglie. Serve saper distinguere ed individuare per tempo i
sintomi del diabete. Serve conoscere le complicazioni alle quali si va incontro
se si trascurano i sintomi.
Serve la famiglia che deve essere sostenuta con progetti di educazione e
con risorse e aiutata a vivere in ambienti e condizioni salutari. Servono le
Associazioni ed i volontari che operano nelle stesse. Servono i medici di
famiglia.
Il ruolo degli specialisti dei Centri Antidiabetici dovrà
essere quello di supporto ai medici di medicina generale. Gli ammalati dovranno
“autogestire” la malattia, con l’aiuto della “famiglia”. È un cambiamento necessario
se vogliamo fermare l’epidemia, obiettivo della Federazione Internazionale del
Diabete che ha scelto lo slogan “Famiglia e Diabete” come tema della Giornata del
Diabete per il 2018 e per il 2019. Un ruolo importante e fondamentale sarà
svolto dalle Associazioni.
L’educazione, l’informazione, la conoscenza e la
consapevolezza possono fare molto per affrontare positivamente il diabete, sia
per prevenirlo, sia per gestirlo bene, tenendo lontane le complicanze. Ma è
acqua fresca, anche se detto autorevolmente dal medico specialista nel corso
della visita diabetologica, se non si coinvolgono le famiglie e le loro associazioni. Il ruolo
delle Associazioni deve essere quello di rendere possibile il cambio di passo
nel contrasto alla malattia, che non deve essere più un fatto strettamente
personale, perché è un problema sociale, un problema di tutti. Il diabete
coinvolge ogni famiglia, quindi l’intera comunità.
Le Associazioni devono divenire “famiglie allargate” e rappresentare l’interlocutore naturale delle Istituzioni
Pubbliche, sia politiche che sanitarie in senso stretto. Molti dei volontari
che operano nelle Associazioni hanno esperienze che sono utili alle altre
persone; esperienze che non si sovrappongono a quelle dei medici ma che sono
sinergiche. Essere “in tanti”, inoltre, è importante per essere ascoltati dalle
Istituzioni ad evitare che le decisioni siano calate dall’alto.
COME DOVREBBE ESSERE IL SISTEMA SANITARIO
A proposito delle Associazioni, ecco ciò che si legge nel
“Piano Nazionale per la malattia diabetica a pag.72”:
“ Le Associazioni di persone con diabete svolgono un'azione
collettiva, responsabile, solidale ed hanno un ruolo importante
nell’assistenza, specialmente in questo particolare momento storico in cui le
risorse destinate ai servizi si riducono in modo vistoso. Alcuni elementi di
fondo che le caratterizzano (spontaneità, gratuità, servizio agli altri, continuità)
le rendono una forza collettiva che si auto-organizza per migliorare il
benessere delle persone con diabete ma che non può e non deve sostituirsi
all'intervento pubblico con cui deve coordinarsi e avere un dialogo
costruttivo. Il loro ruolo diventa strategico se non erogano solo servizi ma
sono anche in grado di migliorare la qualità della vita delle persone con
diabete e delle loro famiglie e di costruire percorsi di socializzazione e di
integrazione ponendosi come intermediario tra istituzioni e collettività,
secondo un principio di responsabilità sociale partecipata. Esse devono puntare
soprattutto all’innovazione e alla promozione di politiche sociali e sanitarie
attente ai problemi, valorizzando al massimo i bisogni, e puntando a essere elemento
di cambiamento sociale e sanitario. Devono infine svolgere ruoli di
anticipazione nella risposta a bisogni emergenti, di stimolo delle istituzioni
pubbliche a tutela dei diritti dei cittadini, di formazione della cultura della
solidarietà e delle reti informali di solidarietà.”
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Ingresso della Sede Associazione Diabetici di Rovigo presso il Centro Antidiabetico |
Prima di chiudere questo sfogo vorrei mettere in evidenza
che questa Associazione può vantare di avere interpretato alla lettera le
finalità evidenziate e previste nella nuova legge sulle organizzazioni del
Terzo Settore. La sua attività è rivolta nei confronti di tutta la popolazione.
Ha attivato strumenti di informazione ed educazione web di qualità che hanno
diffusione oltre il territorio di
operatività; organizza incontri e dibattiti su temi divulgativi e presidi
diabetologici in collaborazione con altre Organizzazioni; ha ottenuto l’abilitazione a raccogliere il
contributo 5 x 1000 per incrementare l’attività.
Ora lo Stato faccia la sua parte, applichi i piani e le leggi.
Pino Schiesari *
* Responsabile comunicazione Associazione Diabetici di Rovigo; in età lavorativa è stato Consigliere d'amministrazione di due Ospedali, successivamente Giudice di Pace di Rovigo per 11 anni.