venerdì 15 febbraio 2019

RIFLESSIONI SULLA “TERAPIA MEDICA NUTRIZIONALE”


RIFLESSIONI SULLA 
“TERAPIA MEDICA NUTRIZIONALE”


Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei


Un modo di dire che riguarda l’alimentazione. Ogni persona ha le sue preferenze, che possono rappresentare la causa di problemi alla salute. 




La risposta è data dall’altro modo di dire 


noi siamo quello che mangiamo

 

I problemi vengono scoperti per caso ed allora sono guai, qualche volta seri

Ecco perché nelle scuole specializzate c’è una materia che si chiama “scienza dell’alimentazione”. 


Ad Adria si insegna “Scienze e cultura dell’alimentazione”.  

Ecco perché ci sono medici specialisti dietologi. 

All’università di Padova, nel Dipartimento di Medicina c’è una Unità Operativa di DIETETICA E NUTRIZIONE CLINICA e negli Ospedali ci sono Unità Operative specializzate. 


A Rovigo si chiama 
“MALATTIE ENDOCRINE, RICAMBIO 
E DELLA NUTRIZIONE”.

Non sempre è il cibo che provoca i guai, ma ugualmente per altre cause sorgono problemi negli organi vitali ed il cibo che mangiamo non va più bene.

Se siamo fortunati ad accorgercene ne parleremo con il nostro medico di medicina generale (in sigla MMG) ed inizierà il calvario. Prima le analisi, poi gli integratori a proprie spese, lo specialista, che consiglia di modificare la composizione dei nutrienti: carboidrati, proteine, grassi. Ci verrà consigliato di integrare Vitamine e Sali minerali, di bere più Acqua rispetto alla sete che non avvertiamo, di rinunciare al vino, di ……, di …… ed infine di ……. Poi le medicine da prendere durante il giorno diventano dieci o più di dieci.


Quando eravamo tutti (o quasi) poveri, mangiavamo cibo da poveri: minestre di fagioli, le tagliatelle fatte in casa, verdure dell'orto e le erbe raccolte nei campi, qualche frutto, il pollo alla domenica, qualche volta il coniglio; il pesce era costituito dal baccalà (stoccafisso ammollato e cotto alla “vicentina”) e quello che si pescava con la canna da pesca, nel vicino Adigetto o in Canalbianco che si raggiungeva "pedalando" per 8-9 chilometri; le sardine acquistate in "Pescheria", quella che a Rovigo oggi è riservata a mostre di pittura. 
Ogni famiglia allevava galline che davano uova tutti i giorni ed aveva conigli alimentati con l’erba raccolta negli argini dei canali; il vino rosso non mancava mai e quando maturava si mangiava l’uva; il pane era quello “nero” (con farina integrale); al mattino nel latte, quello appena munto di giornata, si metteva il pan biscotto del forno a legna, la scorta durava mesi; la polenta gialla era cotta nel focolare (ora lo chiamano caminetto e spesso il fuoco è artificiale); invece il fuoco vero d’inverno aiutava la stufa a riscaldare sia il piano terra che il piano superiore. La stufa serviva per le minestre e gli altri piatti, dava acqua calda e scaldava i "sassi" che avvolti in calze di lana intiepidivano le fredde lenzuola, mentre le "bronze" venivano messe nella "munega" che veniva turnata nei vari letti. Ogni tanto il dolce ma solo nelle feste "grandi", veniva fatto in casa con farina del molino a pietra del "munaro" e le uova di giornata.



Il medico? Quello della Mutua.

Nessun riferimento al film con Alberto Sordi, parodia e molto irriverente nei confronti dei medici di quel periodo. Professionisti seri e preparati che sopperivano alle specializzazioni di oggi. Qui l'immagine la metto per allegerire l'argomento.





Nel ricordare e descrivere l'alimentazione e lo stile di vita di quel tempo e leggere la storia che riguarda la nascita della così detta "Dieta Mediterranea", vien da pensare  che  Ancel Keyssia passato da casa nostra. 


Questo studioso ha indagato gli effetti sull'incidenza epidemiologica di malattie cardiovascolari in una celebre ricerca su sette nazioni, il Seven Country Study.  L'indagine fu condotta su 16 gruppi (coorti) di uomini di età tra 40 e 59 anni in sette Paesi. Una coorte venne arruolata negli Stati Uniti, due in Finlandia, una in Olanda, tre in Italia (in tre comuni rurali del nord, centro e sud, Crevalcore in provincia di Bologna, Montegiorgio in provincia di Fermo e Nicotera in provincia di Vibo Valentia), due in Yugoslavia (ora Croazia e Serbia), due in Grecia (Corfù e Creta) e due in Giappone, per un totale di oltre 12.000 individui. Inoltre venne incluso nello studio un campione di ferrovieri, nella zona di Roma, per rappresentare il gruppo di confronto europeo di un analogo campione di ferrovieri arruolato nel midwest e northwest degli Stati Uniti.

A proposito,  "La dieta mediterranea è un modello nutrizionale ispirato ai modelli alimentari diffusi in alcuni Paesi del bacino mediterraneo (come l'Italia meridionale, la Spagna e la Grecia) negli anni cinquanta del XX secolo, riconosciuta dall'UNESCO come bene protetto e inserito nella lista dei patrimoni orali e immateriali dell'umanità nel 2010".




Tuttavia, "Tra il 1960 ed il 1996 a Nicotera, secondo quanto emerso in uno studio comparativo, il consumo di lipidi, espresso come percentuale dell’energia, è aumentato dal 23 al 43,6 per cento, mentre il consumo di carboidrati è sceso dal 64 al 44,2 per cento. L’apporto di proteine è rimasto costante, mentre è aumentata la quota proteica derivante dalle carni. Di conseguenza, l’energia totale della dieta è aumentata del 20%, in associazione ad una ridotta attività fisica. La valutazione viene espressa attraverso l’Indice di Adeguatezza Mediterranea che esprime il rapporto esistente in un piano alimentare tra l’energia fornita dai gruppi alimentari appartenenti alla Dieta Mediterranea e l’energia fornita dai gruppi alimentari non appartenenti alla Dieta Mediterranea. L’Indice di Adeguatezza Mediterranea pari a 7,2 nel 1960, è sceso nel 1996 per gli uomini a 2,2 e per le donne a 2,7".
Nello Studio al quale si riferisce questa riflessione non sono disponibili dati più recenti. 


La riflessione di oggi è l’altra faccia della medaglia che si chiama “CORRETTA ALIMENTAZIONE” che in termini medici è chiamata “TERAPIA MEDICA NUTRIZIONALE”, 

termine che dovrebbe significare “cura” e come tale dovrebbe essere interrotta quando non è più necessaria, cioè dopo la guarigione. Ma non è così come, ad esempio, nelle persone anziane che abbiano o non abbiano il diabete.  
In noi anziani (tutti) lo “stato” del corpo ha subito modificazioni a causa dell’invecchiamento di tutti gli organi e funzioni per cui l’alimentazione deve essere modificata e personalizzata, non per una settimana o un mese, per sempre.

La riflessione non vuole assolutamente essere irriverente nei confronti degli studiosi e specialisti del “Gruppo di Studio ADI-AMD-SID Nutrizione e Diabete - Le Raccomandazioni Nutrizionali”, consci che rispetto al passato, negli ultimi 50 anni, la diffusione del benessere, l’organizzazione sociale ed altri fattori, hanno inciso sullo stile di vita, compresa l’alimentazione, divenuta meno salutare rispetto a quella a torto considerata “povera”. 

Sotto questo aspetto vien da pensare che “si stava meglio quando si stava peggio”. Ma il “detto” non è vero sotto altro punto di vista.  
L’aspettativa di vita è cresciuta notevolmente negli ultimi decenni grazie soprattutto alle nuove cure mediche e alla drastica riduzione della mortalità infantile. Ma sedentarietà, l’eccesso di grassi, zuccheri e sale provocano eccesso di peso, pressione alta, diabete e le complicazioni connesse che possono invertire la tendenza sull’aspettativa di vita, ciò detto delicatamente.

Ci sono studi che prevedono il peggioramento dell’aspettativa di vita delle generazioni più giovani, constatato che “Il livello di obesità nella nostra giovane generazione di uomini e donne a 40 anni, è simile a quello della nostra più antica generazione, all’età di 55 anni. Ciò significa che la generazione più giovane è 15 anni avanti rispetto alla vecchia e sarà esposta all’obesità per un tempo più lungo“.  

Giusti quindi gli “Studi” e le “Raccomandazioni” degli specialisti, che non devono, però, rimanere nei cassetti e devono divenire patrimonio diffuso fra la popolazione.

Pino Schiesari