IL DIABETE NON È UNA FAVOLA
Un amico, grande esperto di comunicazione ed informatica che
ringrazio per aver suggerito il tema, dice che insistere sul pericolo
costituito dal diabete sarebbe controproducente ed a supporto dell’idea cita la
favola del pastorello che di notte doveva fare la guardia alle pecore di suo
padre. Si annoiava e quindi, decise di fare uno scherzo: mentre le altre
persone erano a dormire egli cominciò a gridare: "Al lupo, al lupo!",
così tutti si svegliarono e accorsero per aiutarlo. Ma il pastore burlone
rivelò loro che era uno scherzo. Lo scherzo continuò anche in altre notti.
Una notte Il pastore cominciò a gridare: "Al lupo, al
lupo!",
ma nessuno venne ad aiutarlo
perché tutti pensarono che fosse il solito scherzo.
Così il lupo divorò
tutte le pecore.
Anche una similitudine errata può indurre alcuni a desistere di dare consigli e può indurre i diabetici a considerarsi diabetici solo in occasione delle visite per poi pensare di essere “sani come un pesce”, falsa credenza perché anche i pesci muoiono se le acque sono inquinate.
Ed è così, come avviene quando si sottovaluta la pericolosità
del diabete.
Il diabete non è uno scherzo
Si muore veramente di diabete. Si muore prima delle persone sane, per le complicanze. IL DIABETE È UNA MALATTIA SILENZIOSA che si scopre in ritardo.
È bene quindi fare esami e seguire un sano tenore di
vita.
Condividiamo da RICERCA MIX, il blog di comunicazione del
Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari della Statale di Milano,
uno studio pubblicato l’8 maggio 2019 sulla mortalità per diabete.
IL TITOLO
La mortalità in
un soggetto affetto da diabete
Nel mondo è in corso
una vera e propria “epidemia” di diabete. Nel 2017, ad esempio, la
International Diabetes Federation ha stimato che le persone con diabete tipo 2
erano quasi 425 milioni. Nel 2015, circa 2 milioni di morti sono stati causati
direttamente dal diabete. Quasi la metà di tutte le morti attribuibili al
diabete si sono verificate in soggetti con età inferiore a 70 anni.
L’OMS prevede che il
diabete sarà la settima causa di morte nel 2030, mentre nei Paesi
industrializzati sarà la quarta causa, dietro alle malattie cardiovascolari,
alle malattie cerebrovascolari ed ai tumori delle vie respiratorie, ma molto
più avanti rispetto agli altri tipi di tumore o ad altre patologie croniche. In
questo contesto, in un recente studio osservazionale finanziato dal governo
svedese che ha coinvolto quasi 435.000 pazienti con diabete di tipo 2 ed oltre
due milioni di controlli (non diabetici), è stato documentato che circa il 18%
dei pazienti diabetici è deceduto dopo 5 anni di follow-up, a fronte di un 14%
osservato nella popolazione generale, con un tasso di mortalità cardiovascolare
significativamente superiore nel gruppo con diabete rispetto a quello di
controllo. La mortalità associata al diabete è stata valutata anche in altre
coorti di pazienti con diabete tipo 2. In Italia, ad esempio, i principali
studi sono quello di Verona (Verona Diabetes Study) e quello di Casale
Monferrato. In entrambi, è emerso chiaramente che il diabete tipo 2 si associa
ad un’aumentata mortalità per tutte le cause. Le principali cause di morte
sembrano essere nell’ordine: malattie cardiovascolari, tumori e malattie
dell’apparato digerente. È interessante poi notare che, sia nello studio di
Verona che in quello di Casale Monferrato, l’eccesso di mortalità legato al
diabete era maggiormente evidente nelle donne, suggerendo così che le pazienti
diabetiche, pur avendo in termini assoluti un tasso di mortalità inferiore
rispetto a quello osservato nei pazienti maschi, perdono gran parte del
vantaggio di sopravvivenza femminile a causa della malattia.
Anche l’impatto della
durata del diabete sulla mortalità sembra essere rilevante. Nel Verona Diabetes
Study la mortalità era intorno al 25% nei primi 5 anni dalla diagnosi ed
aumentava progressivamente fino a quasi al 70% dopo i 20 anni dalla diagnosi.
Nello studio di Casale Monferrato, rispetto ai primi 10 anni dalla diagnosi, la
mortalità era del 7% tra 10 e 19 anni e del 13% dopo i 20 anni. Analizzando il
registro americano “First National Health and Nutrition Examination Survey”
(NHANES I), Kleinman e collaboratori hanno altresì documentato un aumento di
circa il 12% nella mortalità per tutte le cause per ogni 10 anni di durata del
diabete. È importante quindi notare come l’eccesso di mortalità legato al
diabete tipo 2 sia presente fin dalla diagnosi. Questo fenomeno potrebbe essere
in parte dovuto al ritardo che si verifica tra l’instaurarsi della malattia ed
il suo riconoscimento clinico; un ritardo che ammonterebbe a quasi 10 anni.
L’aspettativa di vita
attuale per gli adulti con diabete tipo 1 non è ancora del tutto uguale a
quella delle persone senza diabete. In uno studio prospettico di coorte basato
sui dati dei Registri Nazionali Scozzesi di adulti di almeno 20 anni di età con
e senza diabete, è stato documentato che le donne e gli uomini con diabete tipo
1 avevano un’aspettativa di vita, rispettivamente, 13 anni e 11 anni inferiore
rispetto agli adulti non diabetici di pari età. In particolare, il 41% delle
morti in questi pazienti erano dovute alle malattie cardiovascolari, a fronte
di un 15% per cancro e di un 10% per le complicanze direttamente legate al
diabete.
Anche in presenza di
valori di emoglobina glicata ottimali, il rischio di mortalità legato al
diabete non è azzerato. Come suggerito da alcuni studi pubblicati su riviste
mediche prestigiose, la mortalità dovuta alle cause cardiovascolari rimane
ancora alta nella popolazione affetta da diabete tipo 1 e tipo 2 che ha un
adeguato controllo metabolico e non ha complicanze renali. Questo suggerisce
che, ad oggi, abbiamo una terapia efficace, ma ancora non sufficiente.
Pertanto, unitamente all’invito di usarla nel miglior modo possibile, è
necessario sforzarsi quotidianamente per trovare strade definitive di cura.
In conclusione, la
conoscenza della mortalità e delle sue cause nel diabete è fondamentale per
migliorare la cura della malattia e per una corretta gestione delle risorse. A
tale proposito, bisogna sempre tenere presente che il diabete è una malattia
cronica e che l’investimento nell’assistenza diabetologica può consentire un
notevole miglioramento della sopravvivenza e della qualità della vita dei
pazienti affetti da questa patologia.
Alessandro Mantovani
Sezione di Endocrinologia, Diabete e
Metabolismo, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Verona
Le citazioni bibliografiche dell’autore sono state omesse in questa condivisione.
Il video girato nell’ospedale Maggiore
del capoluogo emiliano dal personale sanitario - Facebook\Federico Semeraro /CorriereTv
Gli infermieri dell’ospedale Maggiore di
Bologna cantano «Attenti al lupo» in tuta anti-contagio. Un messaggio di
speranza, e allo stesso tempo un monito a continuare a mantenere alta
l’attenzione sulle contromisure da adottare per spegnere definitivamente il
contagio da Covid-19